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15 Dicembre 2017

Rapporto Bes conferma l'impatto dell'abusivismo edilizio

di Sandro Simoncini, docente di Urbanistica - Universitą Sapienza di Roma

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 Il Rapporto dell’Istat sul Benessere equo e sostenibile conferma che in Italia ci siamo ormai assestati su un livello di abusivismo edilizio di assoluta gravità: ogni 100 edifici realizzati con le necessarie autorizzazioni, ne vengono tirati su 20 in totale spregio delle leggi. Un dato che è più che raddoppiato nell’ultimo decennio, segno inequivocabile che illegalità e malaffare hanno tratto grandi vantaggi dalla crisi economica che ha investito il nostro Paese: nel settore delle costruzioni, in pratica, ad essere colpite sono state nella stragrande maggioranza dei casi proprio le aziende che rispettano le regole.

Il fatto che l’indice di abusivismo abbia fatto registrare un lieve decremento tra il 2015 e il 2016, passando da 19,9 a 19,6, non deve indurre all’euforia: innanzitutto si tratta in ogni caso di un valore inaccettabile, che si distacca nettamente da quello medio dei Paesi dell’Unione Europea, e poi conferma l’incapacità anche in questo settore di tornare quantomeno ai livelli pre-crisi, quando il dato era di 9 costruzioni illegali ogni 100 autorizzate. Dieci anni di stagnazione hanno fiaccato imprese e cittadini onesti, mentre hanno arricchito chi ha deciso di operare illecitamente, spesso utilizzando materiali scadenti e infischiandosene delle più elementari norme di sicurezza sul lavoro. Una concorrenza sleale che si somma allo scippo fiscale nei confronti di Stato, enti locali e contribuenti.

L’impatto dell’abusivismo sul tessuto urbanistico si conferma devastante anche perché efficaci politiche di contrasto faticano ad imporsi. L’inerzia amministrativa, alimentata dal timore di parte della classe dirigente di una perdita di consenso, rende di fatto impraticabili su larga scala le procedure di abbattimento e non consente l’evasione delle oltre cinque milioni di pratiche di condono edilizio ancora pendenti. Aspetto, quest’ultimo, da non sottovalutare, perché consentirebbe di individuare una volta per tutte i manufatti non sanabili e che quindi devono essere demoliti.

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