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8 Febbraio 2016

Salta il matrimonio tra fiere: Verona medita su Simest, Vicenza va in Borsa

di red

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Vicenza non ha appeal per Verona e le due fiere venete, dopo essersi annusate per almeno un anno, hanno deciso di seguire strade diverse. Non solo nessun matrimonio ma nemmeno un fidanzamento. La città di Giulietta medita su un ingresso di Simest nella compagine azionaria di un Vinitaly scorporato da Veronafiere e che giochi le sue carte a livello internazionale. Intanto ha in corso investimenti per 31 milioni nel business plan 2015-17.

“Nel 2016 puntiamo a consolidare la nostra leadership internazionale come organizzatori diretti di rassegne”, ha detto il presidente di Veronafiere Maurizio Danese. “Dalle rassegne a organizzazione diretta, da Fieragricola a Vinitaly, da Marmomacc a Samoter e Fieracavalli, dipende l’87% dei 91,5 milioni di ricavi aggregati”. Di fatto Vinitaly è la vera locomotiva del polo scaligero ed è il brand da rafforzare per evitare di essere emarginati da tedeschi e francesi. Ma servono risorse che gli azionisti pubblici non hanno. Veronafiere in questi mesi non si è trasformata in Spa, condizione necessaria per la Borsa, come avrebbe voluto Vicenza. Questo, si legge su emanuelescarci.blog.ilsole24ore.com, fa capire come i veronesi abbiano altri progetti, possibilmente uno che eviti loro di farsi sfilare il gioiello.

Dopo avere atteso a lungo, alla fine, Fiera di Vicenza ha deciso di puntare sulla quotazione in Borsa, passando prima per l’Aim. “Vado avanti per la mia strada” ha detto il presidente Matteo Marzotto.

La fusione tra Verona e Vicenza avrebbe avuto una sua logica industriale: i due poli hanno mostre complementari e distano appena 60 chilometri. Insomma una buona occasione per fare sistema. Verona è specializzata nell’agroalimentare, nell’edilizia e diverse altri settori professionali. Vicenza è praticamente concentrata sulla monocoltura dell’oreficeria, con diverse eventi all’estero. Il 2015 si è chiuso per la società di Marzotto con 35 milioni di fatturato e un Ebitda tra il 19 e il 20%. Nel 2014 la Fiera di Vicenza aveva debiti finanziari per circa 40 milioni, 8 volte l’Ebitda.

Perché Veronafiere ha detto no al polo vicentino? Probabilmente perché ritiene più praticabile la soluzione Simest su cui però nulla è stato deciso. Inoltre questa ipotesi è preferibile al matrimonio con Vicenza che comporterebbe stabilire i valori di concambio e trovare un equilibrio tra diversi azionisti sulla governance.

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