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Tasse sugli immobili: per pagarle il 62% delle Pmi chiede prestito in banca
di I. L.
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Gli imprenditori bussano allo sportello della banca per chiedere un prestito. Ma non per piani di sviluppo della propria attività, solo per saldare le scadenze fiscali con l'Erario. Quest'anno lo ha fatto oltre il 62,5% delle micro, piccole e medie imprese italiane, secondo un sondaggio del Centro studi di Unimpresa - i cui risultati sono in linea con la stessa rilevazione svolta nel 2012 e nel 2013 - condotto fra le 122mila imprese associate sulla base dei dati raccolti al 30 novembre 2014.
Oltre alle scadenze tributarie che colpiscono gli immobili strumentali all'attività di imprese (con in prima linea Imu e Tasi), è l'Irap l'altra tassa che mette in difficoltà gli imprenditori italiani (tenuto conto che l'Imposta regionale sulle attività produttive si paga anche quando i bilanci sono in rosso, dunque in assenza di utili).
Tre invece sono i comparti strozzati dai tributo immobiliari. Si tratta degli operatori turistici (con i proprietari di alberghi in cima alla classifica), delle piccole industrie e delle fabbriche (per i capannoni) e del comparto della Gdo (grande distribuzione organizzata), con supermercati e simili.
"Si sta producendo un triplo effetto negativo sui conti e sulle prospettive di crescita delle aziende - commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi -. Il primo è l'apertura di linee di credito destinate a coprire le imposizioni fiscali invece di nuovi investimenti, il che limita la natura stessa dell'attività di impresa. Il secondo problema sorge, poi, alla chiusura degli esercizi commerciali, quando il valore degli immobili posti a garanzia dei 'prestiti fiscali' va decurtato in proporzione al valore dell'ipoteca, con una consequenziale riduzione degli attivi di bilancio. Il terzo guaio è relativo a eventuali, altri finanziamenti per i quali l'impresa deve affrontare due ordini di problemi: meno garanzie da presentare in banca e un rating più alto che fa inevitabilmente impennare i tassi di interesse”.
“L'impresa si trova morsa in una tenaglia, con fisco e credito che tagliano le gambe - aggiunge – ma il conto arriva anche per lo Stato: un'impresa che annaspa diventa un contribuente meno "generoso" e pure il gettito tributario ne risente e non poco sia sul fronte dell'imposizione diretta (a esempio l'Ires) sia su quello dell'imposizione indiretta (come l'Iva)".
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