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La c.d. “confisca edilizia” deve salvaguardare il diritto di ipoteca iscritto, a favore del creditore (non responsabile dell’abuso edilizio), in data anteriore alla trascrizione nei registri immobiliari dell’atto di accertamento dell’inottemperanza all’ingiunzione a demolire.
È quanto ha affermato la Corte costituzionale nella sentenza n. 160 del 3 ottobre 2024, dichiarando costituzionalmente illegittimo l’articolo 7, comma 3, della legge n. 47/1985 nella parte in cui non fa salvo il diritto di ipoteca iscritto a favore del creditore, non responsabile dell’abuso edilizio e, in via conseguenziale, l’articolo 31, comma 3, primo e secondo periodo, del d.P.R. n. 380/2001.
Secondo l’orientamento dominante della giurisprudenza, la qualificazione della confisca tra gli acquisti a titolo originario della proprietà avrebbe comportato il perimento del bene ipotecato e, di conseguenza, l’estinzione del diritto reale di garanzia.
La Corte costituzionale ha rilevato, invece, che la natura originaria dell’acquisto non è in sé logicamente e ontologicamente incompatibile con una disciplina che espressamente preveda la salvezza di pregressi diritti reali.
Ciò in quanto, altrimenti, sarebbe del tutto irragionevole e sproporzionato il sacrificio imposto al creditore non responsabile dell’abuso edilizio
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