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Facciamo chiarezza una volta per tutte su questa faccenda: vogliamo (vogliono) difendere aziende e lavoratori, oppure certe aziende, da loro controllate, e certi lavoratori, quelli tesserati?
Un fatto è certo: se i lavori vanno fatti, a svolgerli saranno imprese e lavoratori, ma non è detto - anzi sarebbe opportuno che non sia - che debbano essere sempre le stesse aziende e le stesse maestranze a lavorare, mettendo peraltro fuori mercato gli altri soggetti.
Le stesse normative europee vanno in questa direzione.
Preoccupa apprendere - se risulta vero quanto riportato da organi di stampa - che il Mit ed il Mise abbiano avuto un atteggiamento di apertura verso la tutela - anticoncorrenziale - di 3.000 dipendenti, per eccesso, che potrebbero, forse, essere a rischio. Un rischio tutto da verificare stanti le sicure clausole sociali che sarebbero applicate in caso di subentro aziendale.
Ma scherziamo? No, non scherziamo purtroppo, visto il singolare quesito (auspicio?) rivolto dal MIT, per fortuna subito chiarito da Anac, circa una possibile interpretazione in base alla quale la data da cui deve essere previsto il vigore del tetto del 20% dell'in-house (cioè della possibilità di dare lavoro a se stessi negli appalti pubblici), che si sarebbe potuta riferire non all'obbligo operativo della norma, ma alla modalità in cui i soggetti al tetto predispongono il piano per arrivare al tetto medesimo.
Confidiamo.
È online il nuovo numero di REview. Questa settimana: JLL: Data Center e AI piacciono agli istituzionali; Dentons,
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