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Confedilizia rende noti i numeri riguardanti le cosiddette "unità collabenti", ovvero gli immobili ridotti in ruderi a causa del loro elevato livello di degrado. Secondo i dati dell'Agenzia delle entrate relativi allo stato del patrimonio immobiliare italiano nel 2022, il numero di tali immobili, classificati nella categoria catastale F2, è aumentato dell’1,6 per cento rispetto all'anno precedente.
Il dato più allarmante emerge quando si confrontano i numeri pre e post Imu: dal 2011, gli immobili ridotti alla condizione di ruderi sono più che raddoppiati, passando da 278.121 a 620.003, con un incremento del 123 per cento.
Questa situazione ha evidenti conseguenze sulle aree in cui tali edifici insistono, creando un serio problema di degrado urbano e sociale. Si tratta di immobili, appartenenti per il 90 per cento a persone fisiche, che pervengono a condizioni di fatiscenza per il solo trascorrere del tempo o, in molti casi, in conseguenza di atti concreti dei proprietari (ad esempio, la rimozione del tetto) finalizzati a evitare almeno il pagamento dell’Imu. Va infatti ricordato che sono soggetti alla patrimoniale immobiliare – giunta a un carico di 22 miliardi di euro l’anno – persino i fabbricati definiti “inagibili o inabitabili”, ma non ancora considerati “ruderi”.
Giorgio Spaziani Testa, presidente della Confedilizia (nella foto) evidenzia la necessità che la politica rifletta su questi dati e individui soluzioni adeguate.
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