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Covivio: ora Hotel e Lusso
di Corriere della Sera
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Abbiamo la sensazione di star uscendo da un lungo periodo in cui, per cause che vanno dal Covid alla guerra in Ucraina all'incremento dei tassi, noi e in generale tutti i principali operatori si sia stati costretti ad adottare delle politiche molto attente al bilancio, all'indebitamento, cercando di porre attenzione più al dimagrimento che alla crescita. Covivio sente di essere alla fine del tunnel». Alexei Dal Pastro, classe 1973, ceo di Covivio Italia (la ex Beni Stabili di Leonardo Del Vecchio) dal 2019, spende parole di ottimismo per il real estate. E un top manager di lungo corso del settore con 15 anni di esperienza sulle spalle e un track record con transazioni per oltre 15 miliardi e progetti di sviluppo che in Italia hanno accompagnato la rinascita milanese. Proprio per questo il suo giudizio sul momento particolare sotto la Madonnina è particolarmente interessante. Di più, da gennaio ha allargato lo spettro a livello europeo e gestisce un portafoglio uffici in Germania da oltre un miliardo di euro. Dal Pastro parla a valle dei risultati del gruppo con base a Parigi annunciati la scorsa settimana. Vedono un patrimonio del gruppo in crescita del 2%, a 15,4 miliardi e un aumento dei ricavi di gruppo del 6,5%, a 500 milioni. «Ci sembra stia tornando l'appetito per il real estate di operatori come assicurazioni o primary investors, —sottolinea —. Transazioni e volumi ancora non ci raccontano nei fatti questa tendenza, ma il mood degli addetti ai lavori sta decisamente migliorando. In Covivio siamo in preparazione del budget 2025 e pensiamo di poter ricominciare a pensare alla crescita».
Quali asset class privilegerete?
«Sicuramente c'è un grande interesse a crescere sull'asset class hotel, in particolare nel Sud Europa, ma non solo. Abbiamo già fatto un'operazione importante nel corso del primo semestre acquistando da Generali una partecipazione su Covivio Hotels, veicolo attraverso il quale abbiamo l'esposizione su questa asset class, con un investimento di oltre 500 milioni. Abbiamo dato in cambio azioni Covivio, quindi si è trattato di un vero e proprio aumento di capitale, salendo dal 17% al 20% nella nostra asset allocation sugli hotel. Continuiamo ad avere una view positiva sugli hotel».
Un intervento finanziario rilevante.
«Covivio Hotels è un veicolo importante, che ha oltre 310 hotel in Europa in 12 Paesi per più di 6 miliardi di patrimoni. Potrebbe essere uno dei driver con un'ulteriore crescita. Oltre a questo, stiamo anche valutando attivamente potenziali acquisizioni dirette sui singoli mercati. In Italia stiamo guardando all'acquisizione di altri hotel. Roma ci interessa particolarmente. Abbiamo già fatto un investimento importante qualche anno fa, comprando l'Hotel Exedra, ex Boscolo, ma vorremmo crescere ulteriormente. Credo che la Capitale abbia finalmente trovato la sua vocazione. E un mercato decisamente dinamico dove c'è offerta non solo di hotel operativi, magari da riposizionare, ma anche di cambi di destinazione d'uso, di immobili che hanno altre destinazioni, uffici ad esempio, e che si prestano per location o caratteristiche a diventare degli hotel».
E un orizzonte al 2025 per l'attesa di quell'evento del Giubileo o ha profondità maggiore?
«Noi crediamo nei fondamentali del settore e al di là dell'evento specifico, che sicuramente avrà un impatto positivo, immaginiamo che i tassi di occupazione continueranno a performare in modo virtuoso come hanno fatto negli ultimi anni Qualcosa di simile sta succedendo anche a Madrid, dove siamo presenti. Tutti, o sostanzialmente un buon gruppo degli attori del luxury brand, si stanno posizionando su Roma, trascinando di fatto tutto il mercato. Ovviamente sul tema Milano è stata precursore, partendo qualche anno prima, ma Roma sta recuperando, se non sorpassando anche Milano».
Milano perde colpi dopo le inchieste della magistratura che mettono in forse, secondo le ultime stime Assimpredil-Ance, circa 150 progetti. È un caso aperto, al di là di aperture, promesse, indiscrezioni, battage politico, emendamenti più o meno presentati, c'è il blocco.
«E un tema di discussione ormai di tutti i convegni, ne scrivete sui giornali. La situazione che si è venuta a creare sicuramente non aiuta gli investimenti o a sviluppare le società che operano nel nostro settore. Nessuna delle iniziative di Covivio è coinvolta. E andiamo avanti con tutti i nostri progetti: oltre a Symbiosis e The Sign, vogliamo accelerare sullo scalo di Porta Romana, dove siamo in fase di approvazione del piano integrato di intervento, per il quale c'è tanto bisogno di interagire con la pubblica amministrazione. La dialettica è sicuramente positiva, i contatti sono costanti, se non altro per integrare tutta la documentazione che serve per portare avanti questo iter. Speriamo ci sia un'approvazione entro la metà dell'anno prossimo, per poter cominciare a costruire. La parte a sud-ovest, già avanzata con il tema del villaggio olimpico che poi diventerà uno studentato, viaggia sul proprio binario ed è tutto allineato per poter fare una consegna come previsto a luglio dell'anno prossimo, per consentire al Comitato olimpico di fare la finalizzazione entro l'evento olimpico a inizio 2026. L'accelerazione riguarda il resto, un mix che va dagli uffici al residenziale agli hotel e che vedrà un nuovo quartiere nascere dove attualmente c'è uno scalo ferroviario abbandonato».
Appare un atteggiamento tutto sommato distaccato sul "salvataggio" di Milano.
«Tutt'altro. Ma noi siamo degli investitori istituzionali. E nel nostro interesse crescere e aumentare i nostri investimenti nella città di Milano. Questo presuppone che ci siano determipnate condizioni. Se le condizioni ci sono siamo felici di continuare a investire e crescere e siamo disponibili a fare la nostra parte, credo come tutti. Detto altrimenti, la nostra città di riferimento per gli investimenti in Italia resta e resterà a Milano, dove c'è una pipeline di progetti veramente importante che va avanti per diversi anni Vorremmo continuare».
Estratto da Carlo Cinelli per il Corriere ela Sera
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